Balbuzie in adolescenza

Con l’adolescenza si delinea la formazione dell’ identità attraverso una  fase di sperimentazione concreta, che si evolvenel passaggio dal famigliare al sociale.

Per la psicoanalisi, non solo l’infanzia è importante nel determinare l’evoluzione della personalità, ma soprattutto la  crisi adolescenziale ha un ruolo cruciale nel definire l’individuo nella propria specificità.

S. Freud è del parere che la crisi adolescenziale sia  un fenomeno essenzialmente di natura biologica e che sola­mente  verso  i 18 anni, con la chiusura di tale fase,  lo sviluppo dell’identità sessuata e socia­lizzata , raggiunge il suo compimento.

Anche Anna Freud sottolinea il carattere di transitorietà dell’adolescenza, quale fase di sospensione  tra il mondo infantile e quello adulto.

Meltzer definisce l’adolescenza come un processo di elaborazione della confusione.

Il conflitto fon­damentale vissuto dall’adolescente si delinea tra il bi­sogno di dipen­denza e quello di au­toaffermazione. In questa situa­zione conflittuale, l’adolescente  non riconosce più i mo­delli offerti dai genitori, rite­nuti falsi ed ipocriti. L’adolescente si ri­trova in una posizione di scissione dove il genitore diventa un’entità cattiva e persecutoria, mentre la realtà buona e ideale si ritrova al di fuori dalla famiglia, all’interno del gruppo dei coetanei . Il gruppo di­venta un nuovo contenitore che aiuta l’adolescente a ridurre l’angoscia e la di­sperazione, attraverso nuove identificazioni, con l’assunzione di diffe­renti ruoli e  modelli sociali.

Secondo E. Erikson, l’adolescente sotto la spinta di energie interne e di stimoli esterni, corre facilmente il rischio di perdersi formandosi un’identità negativa, che l’autore definisce “Ego diffusion”, contrad­distinta da dipendenza dall’ambiente, isolamento, o  ribellione e intol­leranza verso gli altri. Per Erikson l’acquisizione dell’ Ego identity rappresenta il raggiungimento di un significato esistenziale,  rappresenta­tivo delle proprie convinzioni affettive, etiche e sociali. 

I grandi cambiamenti fisici, intellettuali, affettivi e sociali, manife­standosi in tutta la loro drammaticità, definiranno la percezione di un nuovo Sè .

L’adolescente si incammina lungo la strada di una  soggettività auto­sufficiente, dove la realtà sociale è il banco di prova che conferma, o favorisce l’emergere delle proprie abilità sociali. La differenza, ri­spetto all’enfasi idealizzante infantile, consiste nella ri­cerca della “concretezza reale”, dove la conferma fondamentale sarà quella di provare di non aver paura.

Quando la crisi adolescenziale non si è risolta adeguatamente, o quando questa non si è mai verifi­cata, l’adolescente non riuscirà a per­cepirsi come soggetto potenzialmente  adulto e capace di proget­tare. In questi casi l’adolescenza potrà essere ritardata, sacrificata, pro­lun­gata, oppure potrà evolversi verso stati  sintomatici.

In questa fase il linguaggio assume un’importanza fondamentale, di­ventando l’esteriorizzazione della individualità nascente che si afferma in un mondo competitivo e coinvolgente.

Nella maggioranza dei casi, proprio in questo periodo la balbuzie tende a peggiorare. A questo sintomo se ne associano altri, come: cattivo rendimento scolastico, bocciature, fobia sociale, condotta aggressiva ed ec­cessiva chiusura. Aumenta il tasso di ansia e di aggressività, e solita­mente compaiono fobie di varia natura, con  tics o movimenti musco­lari involontari, che rendono ancor più complicata l’esposizione ver­bale.

L’età più sconvolgente si attesta attorno ai 17/18 anni. A questa età viene istituzionalizzata la rottura con il mondo famigliare, e nello stesso tempo l’ immaginario interno si colora di tinte cupe e depres­sive, diventando sempre più dirompente. L’adolescente è sempre più consapevole dei limiti che la balbuzie frappone fra il proprio Sè na­scente e quello degli altri.

Paradossalmente più l’adolescente disfluente desidera conquistare,  e farsi percepire  come soggetto capace,  e più balbetta; più desidera farsi vedere nor­male e più si sente intrappolato; più de­sidera offrire una migliore prestazione scolastica in chiave verbale, e più il sintomo raggiunge un’intensità  incontrollabile.

La sofferenza raggiunge l’apogeo, e nello stesso tempo viene negata. Proprio in questo periodo timidamente emerge la richiesta di un aiuto esterno. L’adolescente desidera essere aiutato, ma in poco tempo e senza dipendere eccessivamente da una figura terapeutica.

Spesso, sia l’adolescente quanto i famigliari, negando le cause emo­tive ed affettive sottostanti iniziano una specie di  “via crucis” per ri­cercare  una terapia tampo­natrice e mi­racolosa.

Vi  sono anche casi nei quali l’adolescente si presenta  poco evoluto rispetto alla propria età,  non riuscendo a percepire gli effetti  dello scoppio ormonale.  Stranamente questi ado­lescenti non hanno mai pre­sentato atteggiamenti tipici di protesta o di ribellione,  manife­stando speso un atteggiamento estremamente introverso. Questo tipo di adolescente  non sem­bra affatto propenso a ricercare la gruppalità, tanto meno è attratto dagli status tipici dell’etàquali: abbiglia­mento, motorino, cel­lulare, discoteca ecc., ed anzi,  sembra mag­giormente attirato  dal mondo dei  cartoons o da altri elementi tipici di fasi pas­sate. In que­sto adolescente l’aumento della balbuzie,  o l’eccessiva chiu­sura, si rivelano l’espressione di una fuga costante dalle maglie della vita adulta che ormai si approssima; nello stesso tempo diventa sempre più palese l’inadeguatezza rispetto al mondo dei coetanei.

In alcun casi la balbuzie può anche ridursi nel periodo adolescenziale,  grazie ai cambiamenti psico­logici e sociali,  che determinano maggiore libertà rispetto a quei meccanismi infantili che facevano regredire in una posizione d’impo­tenza .

Per la maggioranza degli adolescenti disfluenti, il più grande peggio­ramento si verifica con l’approssimarsi dell’ esame di maturità. Nel­l’ultimo anno delle scuole superiori, angosce persecutorie colore­ranno negativamente questa fase conclusiva.

Con l’esame di maturità il balbuziente è chiamato a dar prova di una maturità raggiunta, che sarà valutata principalmente attraverso il co­dice verbale.

Per la per­sona che affronta questa tappa, la balbuzie di­venta un chiodo fisso, una trappola mortale,  che nelle proprie fanta­sie non lascia nessuna via di scampo per una valutazione obiettiva e poco condizionata dal sintomo.

Le paure non riguarderanno solamente questo evento specifico;  altre angosce ri­guarderanno le scelte future che sopraggiungeranno subito dopo il superamento del­l’ esame di maturità.

Dopo tale evento,  alcuni soggetti per paura di affrontare altre fru­strazioni in ambito universitario, effettuano una scelta difensiva,  ri­cercando un lavoro che li metta al riparo da responsabilità eccessive,  o da compiti troppo gravosi dal punto di vista verbale.

Paradossalmente,  vi sono poi persone che scelgono attività che si ba­sano sul linguaggio.

Secondo una nostra ricerca effettuata su campione di 50 soggetti af­fetti da balbuzie, composto da 34 maschi e 16 femmine di età com­presa tra 20 e 40 anni,   è stato riscontrato che dopo aver ultimati gli studi superiori,  solo nel 32% delle persone esaminate,  la scelta lavo­rativa o accademica non  era stata condizionata dal sintomo.

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